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Digital Service Act

La UE ad una svolta: cosa cambia per utenti, aziende e big tech.

Il DSA (Digital Service Act) si prospetta come una grande rivoluzione per i cittadini digitali, per le aziende e per le Big Tech, un tentativo di un cambio di rotta dalla disparità di posizione dell’utente rispetto ai giganti del web, ad un rapporto paritario improntato da regole comuni e dall’osservanza dei diritti fondamentali, anche e soprattutto online. Sembra proprio che l’era del “Too Big to Care” (“troppo grande per preoccuparsene”) stia assumendo gradualmente i colori rossastri del tramonto.

Ma sarà davvero così?

Le tappe che hanno portato ad un accordo “storico”

L’Unione europea – all’esito di un’estenuante maratona di trattative lunga ben sedici ore – è giunta ad un accordo politico sul “Digital Services Act” (“DSA”), il regolamento che imporrà alle “Big Tech” una maggiore responsabilità sui contenuti illegali o nocivi che circolano sulle loro piattaforme e che comprenderà interventi avverso la disinformazione online. Secondo la presidente della Commissione Europea, si tratta di un “accordo storico. Le nostre nuove regole proteggeranno gli utenti online, garantiranno libertà di espressione e opportunità per le imprese”.

A partire dall’ormai lontano dicembre 2020, la Commissione europea aveva formulato due proposte legislative atte a disciplinare il settore digitale: il regolamento sui servizi digitali – Digital Services Act (DSA) – e il regolamento sui mercati digitali – Digital Markets Act (“DMA”).

Entrambi i provvedimenti costituiscono i pilastri fondanti della regolamentazione digitale, con la precisa finalità di definire una cornice adeguata allo sviluppo economico dei giganti del digitale e alla protezione dei loro utenti in conformità ai principi del diritto dell’Unione.

Lo scorso 23 aprile, dopo un anno e mezzo di trattative, l’Unione Europea ha raggiunto un accordo politico su un pacchetto legislativo ineguagliato che imporrà alle Big Tech di monitorare l’offerta dei siti, rimuovendone il contenuto illegale.

L’ambito di applicazione e le principali regole

Una delle principali finalità del provvedimento in parola è quello di imporre alle piattaforme online obblighi di sorveglianza e di eliminazione dei contenuti fuorvianti, fraudolenti, violenti, pornografici, razzisti, sessuofobi ospitati. Il Consiglio dell’UE ha predisposto che il DSA si applicherà “a tutti gli intermediari online che forniscono servizi nei paesi dell’Unione Europea” a prescindere dal loro luogo d’origine. I destinatari sono tutti gli intermediari online, come i prestatori di servizi di hosting, motori di ricerca, piattaforme e mercati della rete.

I doveri stabiliti sono proporzionati e adeguati alle audience, ossia alla portata dell’impatto che l’intermediario in questione possiede rispetto al numero di utenti che usufruiscono del servizio.

Ciò comporta l’esigenza per le grandi piattaforme (individuate con l’acronimo “VLOPS” che sta per “Very Large Online Platforms”) e per i principali motori di ricerca (“VLOSE” che sta per “Very Large Online Search Engines”) di possedere determinati requisiti.

Pertanto, specifici meccanismi risk-based saranno imperativi per le piattaforme con più di 45 milioni di utenti attivi mensili nell’area UE, come Google, Meta, Apple, Amazon, Spotify, Microsoft e molte altre. Con il DSA, i giganti digitali diventano responsabili di quanto “pubblicano” e sono tenuti a cancellare tempestivamente i contenuti illegali e ad indentificare e bloccare i recidivi che non rispettano le misure previste. Le violazioni, infatti, saranno punite con sanzioni fino al 6 per cento del fatturato annuo. Per contro, le aziende con meno di 45 milioni di utenti attivi mensili dovranno seguire regole meno stringenti, ma altrettanto efficaci ed efficienti, così come stabilito dal Consiglio e dal Parlamento europeo per salvaguardare lo sviluppo delle start-up nel mercato interno.

DSA e Privacy

Ulteriore scopo del DSA, non meno rilevante, è la protezione della privacy dei consumatori. Sebbene per avere piena cognizione di quanto statuito occorra attendere la diffusione del testo approvato nella notte del 23 aprile 2022, è già noto che verranno attuate restrizioni sulla pubblicità mirata, basata sul monitoraggio dell’utenza, sul targeting e sulla profilazione. In particolare, gli annunci profilati non potranno più essere erogati ai minori e né ai soggetti fragili.

A tanto si aggiunga che, al fine di potenziare quanto predisposto dal Regolamento UE 2016/679 (GDPR), dovranno essere esclusi dalle attività di profilazione degli utenti i dati di natura sensibile disciplinati dall’art. 9 del medesimo Regolamento, come l’orientamento sessuale, quello religioso, politico, filosofico, l’origine razziale o etnica.

È vieppiù stabilito il divieto d’uso di dark patterns, tecniche contenutistiche e di interfacce utente che rendono inefficaci le condizioni legali, privacy e cookies per manipolare o influenzare le scelte degli utenti.

DSA e fake news

Nella redazione di una fonte normativa di tale portata, non è possibile prescindere dal contesto storico, culturale e sociale in cui viviamo: il conflitto russo-ucraino, che ha avuto il supporto preventivo di campagne di fake news, ha spinto il Consiglio e il Parlamento ad inserire nel DSA una specifica previsione in grado di permettere alla Commissione di adottare misure proporzionate ed efficaci nei riguardi delle “big platform” che contribuiscono alla diffusione di notizie false e dannose per l’informazione, attraverso la predisposizione di un meccanismo di gestione delle attività di disinformazione e propagandistiche per scopi illegittimi. Tale meccanismo potrà essere attivato solamente dalla Commissione su raccomandazione del comitato dei coordinatori nazionali dei servizi digitali, inteso come autorità indipendente – collocata all’interno di ogni singolo Stato membro – soggetta all’obbligo di svolgere i propri compiti in modo imparziale e trasparente, primo fra tutti quello di monitorare la conformità dei servizi stabiliti sul proprio territorio alle nuove norme e partecipare al meccanismo di cooperazione dell’Unione istituito dal DSA.

Conclusioni

Le mire dei grandi player digitali trovano terreno fertile nella sfera economica, com’è naturale che sia. Attraverso i dati, infatti, gli utenti generano valore e ciò produce significative ripercussioni anche su altri contesti della vita quotidiana, basti pensare al settore informatico e alla iper accelerata circolazione delle informazioni. Non è più possibile discorrere in maniera semplicistica di asset materiali che generano ricchezza, dal momento che sempre più frequentemente i dati vengono equiparati a “beni” che garantiscono produttività. Basti pensare all’elezione dell’ex presidente statunitense Donald Trump e al verificarsi della “brexit” nel Regno Unito per comprendere il potere detenuto dai grandi colossi online: tramite la diffusione deliberata di fake news, era stato raggiunto l’obiettivo di manipolare il dibattito politico.

Appare, pertanto, evidente che l’intenzione dell’Unione Europea si sostanzi nella volontà di proteggere il cittadino nel “cyberspazio” e di ristabilire un rapporto equo ed equilibrato tra l’utente e le piattaforme.

A questo punto, l’accordo politico dovrà essere approvato dal Consiglio e dal Parlamento prima di giungere alla fase formale di completamento della procedura mediante l’adozione da parte di ciascuna istituzione.

Documentazione allegata

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